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Elaborazione dei traumi

IL DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO

 

“Il viaggio è nelle nostre parti interne che sono divise, negate, sconosciute, indesiderate, espulse ed esiliate nei diversi mondi sotterranei della consapevolezza…L’obiettivo di questo viaggio è di riunirci con noi stessi. Per intraprenderlo, dobbiamo necessariamente e per prima cosa accettare di non mandare nulla in esilio”

-Stephen Cope-

 

Il trauma può essere definito come un’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all’integrità fisica.

Quando si parla di trauma, è possibile distinguere i traumi psicologici singoli dai traumi complessi. Nel trauma singolo, la persona sperimenta una sensazione di impotenza e di paura soverchiante in relazione a un evento traumatico isolato (ad esempio una calamità naturale, un incidente grave, un lutto importante,..). I traumi complessi invece si riferiscono a esperienze protratte nel tempo (ad esempio traumi intrafamiliari, di cui è prevedibile il ripetersi nel tempo ma a cui è impossibile sottrarsi).

Secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, per parlare di disturbo da stress post-traumatico è necessario che:

Criterio A: la persona sia stata esposta a un trauma quale una minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale facendo un’esperienza diretta dell’evento traumatico oppure venendo a conoscenza di un evento traumatico violento o accidentale accaduto ad un membro della famiglia o ad un amico stretto.

Criterio B: siano presenti sintomi intrusivi collegati all’evento traumatico che possono manifestarsi sotto forma di sogni spiacevoli ricorrenti in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati all’evento traumatico, reazioni dissociative come flashback in cui ci si sente o si agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando, ricordi ricorrenti del trauma.

Criterio C: il soggetto metta in atto un evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico. La persona evita o tenta di evitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi all’evento. Inoltre, vengono evitati fattori esterni quali persone, luoghi e situazioni che possono suscitare ricordi pensieri associati all’evento traumatico.

Criterio D: si manifestino alterazioni di pensieri ed emozioni associati all’evento traumatico. Tra queste, esagerate convinzioni o aspettative negative su se stessi e gli altri, come “io sono cattivo”, “non ci si può fidare di nessuno”. Possono manifestarsi pensieri distorti e persistenti relativi alla causa o alle conseguenze dell’evento traumatico che portano a dare la colpa a se stessi oppure agli altri. Si può inoltre sperimentare uno stato emotivo negativo e provare sentimenti persistenti di paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna, una marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative, sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri o incapacità di provare emozioni positive come felicità, soddisfazione o sentimenti d’amore.

CRITERIO E: si sviluppino marcate alterazioni dell’arousal che si riflettono in una facile irritabilità e ipervigilanza, in esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà nell’addormentarsi o nel rimanere addormentati oppure sonno non ristoratore.

CRITERIO F: La durata delle alterazioni descritte è superiore ad 1 mese.

CRITERIO G: Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

CRITERIO H: Il disturbo non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza come ad esempio farmaci o alcol o a un’altra condizione medica.

(DSM-V – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali)

PIANO DI TRATTAMENTO

Il trattamento dei disturbi da stress post-traumatico, secondo il modello di riferimento cognitivo evoluzionista, prevede tre fasi:

  1. Fase di sicurezza e stabilizzazione dei sintomi più invalidanti
  2. Ricostruzione e integrazione delle memorie traumatiche e inizio del processo di integrazione delle diverse parti di sé dissociate
  3. Nuove esperienze che consentano alla persona di sperimentare nuove abilità relazionali per dirigersi con autonomia verso i propri scopi esistenziali

La prima fase di trattamento si pone l’obiettivo di costruire l’alleanza terapeutica col paziente, condividendo gli obiettivi terapeutici da perseguire insieme e i reciproci compiti. Questa fase è importantissima per creare un clima cooperativo e di fiducia.

La costruzione della relazione terapeutica va di pari passo con la stabilizzazione dei sintomi, dove l’obiettivo non è tanto la loro scomparsa ma l’aumentata capacità del paziente di comprenderne la natura, controllarli e tollerarne il ripetersi senza esserne sconvolto o travolto.

La seconda fase mira a integrare le memorie traumatiche, che la persona vive in modo frammentato, nelle sue componenti emotive, sensoriali, cinestesiche e cognitive. La mancata integrazione influenza il comportamento e le reazioni emotive dei pazienti, disorganizzandoli, senza che essi ne siano pienamente consapevoli. Il terapeuta dispone, in questa fase, di alcune tecniche specifiche come l’EMDR, la terapia sensomotoria, la terapia degli stati dell’IO,..

La terza fase si pone l’obiettivo di confermare, sostenere e promuovere le nuove capacità del paziente, dialogando sul modo con cui il paziente le esercita nella vita quotidiana.

 

 

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